Fabbricare Fiducia_Architettura #41 | Altri_Noi | Paolo Posarelli

flusso vegetale

Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale?

Questo è il tempo della “pazienza e dell’audacia”, come ha scritto Alessandro Baricco qualche giorno fa in un articolo pubblicato su Repubblica.

Pazienza perché oggi, più che in altre circostanze, è necessaria l’osservazione: ci troviamo coinvolti in un immenso laboratorio, il mondo. Il lockdown ha modificato in poche settimane l’organizzazione e le dinamiche del sistema socio-economico globale. Il laboratorio mondo ci fornirà in futuro dati interessanti soprattutto dal punto di vista ecologico: abbiamo letto di scenari surreali di città pensate per le persone in cui quelle stesse persone si trovano contingentate in spazi ristretti, ci hanno raccontato di un abbassamento significativo dell’inquinamento, immagini incredibili testimoniano la trasformazione delle acque dei canali di Venezia. Ci stiamo rendendo conto di come il rallentamento globale, nonostante le numerose ricadute negative sui sistemi vitali ed organizzativi dell’uomo, abbia invece effetti sensibilmente positivi sull’ecosistema globale.

Nell’ipotesi utopica e allo stesso tempo tragica che questa momentanea situazione si cristallizzi (si congeli come fa il Cacapo citato nella TEDx Talks del Prof. Alessandro Melis) è forse interessante capire come si modificherà il sistema dei luoghi antropizzati e quale sarà il ruolo dell’architettura in questo processo.

Prima però di addentrami in suggestioni e vision più o meno condivisibili e quindi passare all’audacia di un pensiero che, mai come in questo momento, è necessaria, osservo come in questa situazione di guerra tra due mondi, tra natura ed artificio, uno dei due ambiti non è stato rallentato né tantomeno è impazzito: la natura sottratta all’antropizzazione ha continuato il suo corso incurante dell’autoflagellazione che la razza umana si è imposta. Una cura allopatica, quella dell’autoisolamento, per smaltire decenni di tossine accumulate a causa della sregolatezza e della velocità di un sistema che poco si curava dell’altro, un sistema autoreferenziale che ha sancito per oltre un secolo il predominio della tecnica, un sistema che ha prodotto anche cose meravigliose ma che è stato più funzionale allo sviluppo che al progresso (cfr. P. Pasolini in Scritti Corsari).

Forse è proprio nell’audacia del pensiero, che è l’ultimo baluardo del Novecento, che troveremo interessanti stimoli per un progresso che non dovrà e non potrà fare a meno dell’Information Tecnology, o meglio dell’Intelligenza Artificiale, dimostratasi in questo periodo essenziale nel gestire con velocità qualsiasi tipo di situazione in movimento.

All’Architetto e all’Architettura spetta il ruolo di mantenerci saldi nella nostra umanità, di mantenere nonostante tutto il processo intuitivo che ancora ci consente, sulla base dell’esperienza, di dare velocità a un pensiero complesso e ad oggi impareggiabile.

Probabilmente in futuro dovremo confrontarci con uno spazio domestico maggiormente attrezzato alla multifunzionalità, esigenza che ognuno di noi sta maturando con lo smart working, e questo comporterà un riadattamento della città: molto probabilmente diminuiranno le aree della specializzazione con conseguente ricalibratura delle polarità urbane.

Cambierà insomma il modello sociale e organizzativo, incidendo anche necessariamente sul “palinsesto dei tempi” da dedicare alle varie attività, si consoliderà di fatto un modello che già in alcune aziende della Silicon Valley si sta attuando: un’apparente libertà di azione ma legata agli obiettivi.

La delocalizzazione domestica inciderà anche sul settore dei servizi, processo già peraltro in corso ad esempio per quanto riguarda i servizi finanziari ed alcuni di tipo sanitario.

Anche il sistema della produzione di beni materiali potrà avere alcune modifiche, se si pensa alla rete delle stampanti 3D messa in atto per stampare alcune valvole dei respiratori, o alla veloce riconversione di alcune aziende per realizzare abiti sanitari; questo ci fa capire come puntare sulla capillarizzazione diffusa di alcuni sistemi produttivi possa creare assetti variabili facilmente modificabili.

Il gioco delle forze economiche in divenire avrà necessariamente una ricaduta sul paesaggio urbano nella sua accezione relazionale: forse passerà a logiche di strategicità liquida più che a logiche di grandi blocchi granitici.

Forse andremo nella direzione di sistemi che organizzativamente cercheranno di simulare il sistema della natura ed avranno una caratteristica su tutte: la resilienza, portatrice di quell’umanità che ci differenzia da tutto.

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Paolo Posarelli _ socio fondatore di LDA.iMdA architetti associati
Architetto. Si laurea presso la Facoltà di Architettura di Firenze, dove svolge per alcuni anni attività di ricerca. Ha un master in bio-architettura e collabora attualmente alla didattica presso il Laboratorio di Composizione Architettonica e Urbana,  membro del CISDU, Centro Internazionale di Studi sul Disegno Urbano.
LDA.iMdA dal 2003 ha partecipato e vinto numerosi concorsi: concorso per il Plesso Scolastico delle Frazioni Collinari a Rosignano Marittimo, Scuole Innovative per l’area di Aviano, concorso per la riqualificazione di aree urbane e periferiche di Prato, progettazione di un laghetto balneabile a Sasso Pisano, realizzazione di un Polo Scolastico a Caraglio. The Plan Award ’17 gli tributa una menzione d’onore, vince il premio speciale “Design for All” di Dedalo Minosse e i BIGSEE Interior Design ’18 e BIGSEE Architecture ’19.

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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #41 | Altri_Noi | Paolo Posarelli

Time: 15 aprile 2020
Category: Article
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