Fabbricare Fiducia_Architettura #02 | Re-imparare | Alia Bengana

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Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale?

 

Questa settimana ho letto in un articolo il punto di vista dell’architetto svizzero Philippe Rahm di cui apprezzo particolarmente l’approccio climatico all’architettura. Philippe Rahm si basa su un articolo di Umberto Eco apparso sul New York Times nel 1999, che sosteneva che l’invenzione più importante del nostro secolo, e che ha sconvolto le nostre vite, è molto probabilmente la penicillina. Prima degli anni Cinquanta, e di tutti i secoli che ci hanno preceduto, la probabilità di morire per una malattia virale o batterica era la vita quotidiana degli uomini, la cui aspettativa di vita non superava i 40 anni anche all’inizio del XX secolo su scala globale. Dagli anni ’50, quindi, bastava accendere il riscaldamento (grazie al petrolio) per non morire di freddo e di andare al supermercato per non morire di fame. Per Philippe Rahm, il periodo che stiamo attraversando è quindi un ritorno alla normalità piuttosto che un periodo eccezionale sulla scala dell’umanità. Condivido questo punto di vista, e vorrei pormi la domanda: cosa ci deve insegnare questo ritorno alla normalità? Probabilmente non siamo onnipotenti e nemmeno immortali, anche se ci piace crederlo. Questa onnipotenza ci ha portato a credere che le risorse della nostra Madre Terra siano inesauribili, e ad ignorare il cambiamento climatico che deriva da questo eccessivo sfruttamento. Sovra-sfruttamento a cui partecipiamo come architetti. Questo eccesso di potenza ci ha portato noi architetti a progettare gli stessi grattacieli di vetro sempre più alti, a Ny come a Dubai o a Sydney, dimenticando la bioclimatica, e quindi la progettazione di edifici realmente in relazione e in simbiosi con l’ambiente e il clima: la tecnica è stata in ogni caso la risposta a queste carenze. Tendiamo a pensare ai materiali e quindi alle risorse sempre dopo i nostri schizzi, il cemento e il metallo sono comunque lì per realizzare i nostri sogni più sfrenati. Mi piacerebbe immaginare che dopo questa crisi noi architetti vorremmo pensare alle risorse in modo diverso, e usare con parsimonia cemento, metallo, mattoni la e dove è veramente necessario, bandire tutti questi materiali monouso che hanno lasciato segni indelebili sul nostro pianeta. Immaginare le nostre architetture, anticipando che un giorno saranno decomposte piuttosto che demolite, che la maggior parte dei componenti saranno riutilizzati. Ricordare che i materiali hanno un impatto sulla nostra salute e che la qualità dell’aria interna dipende dal modo in cui i nostri habitat sono progettati e dai materiali di cui sono fatti. Utilizzare principalmente risorse rinnovabili, riscoprire la terra cruda, riconsiderare la paglia, la canapa, il legno, il bambù. Re-imparare studiando l’architettura vernacolare che faceva molto con poco. Innovare osservando la natura e utilizzando materiali naturali.

E soprattutto porsi la domanda due volte prima di costruire.

 

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Alia Bengana è un architetta Algero-francese laureata alla Scuola di Architettura di Paris-Belleville.

Dopo alcune esperienze in Italia, Spagna e Parigi, ha ottenuto una borsa di studio e di viaggio dell’American Institute of Architects per studiare il label LEED, uno strumento per valutare le qualità ambientali degli edifici. Si è poi trasferita a Shanghai e ha lavorato per un’agenzia australiano-cinese per la quale ha scritto una guida sotto forma di schede di strumenti di eco-design ad uso degli architetti dello studio. Ha fondato lo studio Alia Bengana architetto a Parigi nel 2009 e sta sviluppando progetti in Francia e all’estero con un approccio bioclimatico e un particolare interesse per la terra cruda, i materiali naturali e riutilizzabili. Insegna in workshop centrati sulla materia in scuole di architettura parigine e da anche conferenze sull’uso della terra cruda e dei materiali naturali in architettura.

 

www.aliabengana.com

 

 

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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #02 | Re-imparare | Alia Bengana

Time: 28 marzo 2020
Category: Article
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Tags: alia bengara , architettura , covid-19 , futuro