Fabbricare Fiducia_Architettura #08 | Una promessa di futuro | Francesca Ameglio
In questi giorni l’emergenza Coronavirus ci sta privando di un bene primario, su cui si fondano le nostre città. Oggi ci rendiamo conto quanto sia importante fare comunità e quanto le strade e le piazze siano i luoghi che materializzano il senso profondamente umano e il bisogno degli uomini di stare insieme. Il distanziamento sociale obbligato si scontra inevitabilmente con il nostro istinto. Social network e altre forme di interazione digitale remota ci hanno già spostato verso questa distanza vivendo sempre di più nei nostri cellulari. Ma non abbastanza per colmare il vuoto che oggi stiamo sperimentando. Nell’incertezza e nello smarrimento di questi giorni ci siamo accorti che, nonostante tutto, abbiamo ancora bisogno l’uno dell’altro e le città sono il corpo fisico di questo bisogno. Piazze, strade e marciapiedi, negozi, bar e strutture pubbliche, come cinema e teatri, sono l’infrastruttura sociale che mette in contatto le persone e che forse da troppo tempo abbiamo trascurato per far spazio ad altro, prima di tutto dentro di noi. Usciti da questa crisi ci sarà da ripartire proprio da qui: dalla comunità e dagli spazi e i luoghi pubblici che sono il cuore pulsante delle nostre città e dove è possibile riscoprire senso civico e pensiero critico. Fare architettura parlando d’altro, raccontando storie che “costruiscono” prima di tutto relazioni e tessono trame sottili fra anime e competenze diverse. Recuperare la dimensione collettiva del progetto che dia un senso al nostro agire quotidiano è l’unica promessa di futuro. In questa dimensione collettiva risiede la liberazione dell’uomo e la felicità individuale. Quella felicità che Giovanni Michelucci ci invita a provare diventando angeli per cambiare il mondo e rendere i luoghi pieni di vita. Una riflessione più che mai attuale sul senso e sul ruolo etico, civile e morale dell’architettura e sulla necessità di modelli urbani più sostenibili e attenti a “far posto creando spazio”. Uno spazio piccolo che basta per un battito di ali. Questa crisi ci insegna tante cose e ci invita ad una rivoluzione culturale di coscienza e di conoscenza. Bisogna guardare in modo completamente nuovo al futuro e farlo con coraggio. Come ci raccontava un altro grande maestro, Enzo Tiezzi, ci vuole il coraggio dell’avventura, capace di aprire la porta e entrare in altre storie, storie di complessità e di incertezza, di scarsità e di indeterminazione. Storie non necessariamente brutte.
Francesca Ameglio è architetto genovese. Come chi va per mare decide di lasciare il porto sicuro per diventare navigante di terra. Si trasferisce nella piccola città del cristallo, dividendosi tra famiglia e lavoro, in una casa dove in studio si può giocare coi bambini e in cucina si può lavorare mentre prepari cena. È curatrice del Festival dell’Architettura a Colle di Val d’Elsa promosso dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Mibact. “2050 ArchiFest – abitare il mondo altrimenti” promuove la cultura intorno al patrimonio architettonico delle piccole città, la dimensione urbana del possibile, e vuol far riscoprire ai cittadini come l’architettura, in modo rivoluzionario e profondamente etico, può dare forma al sentire collettivo ed essere espressione della comunità, di un popolo, di una città, di un paesaggio, di una storia.
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #08 | Una promessa di futuro | Francesca Ameglio
Time: 2 aprile 2020
Category: Article
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