Fabbricare Fiducia_Architettura #111 | Respiro | Marco Terranova

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Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale? 

La forzata rinuncia alla naturale mobilità di un Senzastudio, a favore di una sconosciuta stanzialità, mi ha costretto in una condizione di ascolto di cui le riflessioni che seguono sono un prodotto quasi istintivo.

Un (tele) architetto di base

Il confinamento dentro casa ci ha fatto riscoprire il corpo in tutta la sua fragilità. Sta mettendo alla prova la tenuta degli spazi domestici rispetto a nuove esigenze funzionali ma soprattutto, pensiamo ai bambini, rispetto a naturali esigenze di espressione corporale. Che livelli di disagio psico-fisico può produrre l’inadeguatezza degli spazi? Penso soprattutto a quartieri popolari con abitazioni senza sfoghi verso l’esterno, spesso senza luce diretta e sovraffollati. Perché non immaginare una rete di professionisti che, dal basso, guidi nella diagnosi degli spazi domestici ed offra interventi di mitigazione su misura? Anche a distanza, una sorta di tele-architetto. Un lavoro importante di ascolto, magari col supporto di uno psicologo, responsabilizzando e coinvolgendo gli abitanti che leggono e trasformano in prima persona il proprio spazio domestico.

Laboratori dell’abitare di prossimità

La riscoperta passione per la panificazione è traccia di un tempo in cui la cura del cibo era interna alla famiglia, alla comunità. Di una società che era capace di gestire le funzioni base dell’abitare, costruendo relazioni mutue e reciproche con le risorse dell’intorno e con gli altri. Perché non recuperare questa capacità attraverso la formazione di laboratori dell’abitare di prossimità? Luoghi in cui gestire e trasformare collettivamente gli spazi “domestici” pubblici e privati, in cui costruire e stampare, in cui coltivare e panificare, in cui condividere saperi, sempre connessi con l’esterno. Un esterno da cui essere materialmente più autonomi e indipendenti, più liberi di autodeterminarsi.

Voglio vivere in campagna

I racconti degli amici che in questo momento vivono nei centri minori, in campagna in particolare, mi restituiscono l’immagine di una quotidianità mutata nell’intensità delle relazioni sociali ma arricchita nel godimento di un tempo improvvisamente liberato. Potenziando la didattica e il lavoro a distanza si potrebbe scegliere di vivere in luoghi in cui la qualità dello stare è più alta, in cui ricostruire una relazione più intima ed armoniosa con i sistemi naturali, con i centri di produzione del cibo. Dare vita ad una rete di nodi interconnessi, di luoghi in cui avere gli spazi giusti per esprimere i bisogni del corpo, in cui costruire relazioni sociali di mutualità e reciprocità per costruire, studiare, per potersi sostenere insieme. Per essere meno fragili e vulnerabili anche in vista di un prossimo confinamento.

Verso un umanesimo vegetale

Se un poco di utopia può essere di conforto per costruire orizzonti cui tendere, voglio immaginare allora una sorta di umanesimo vegetale fondato sull’empatia verso il nostro intorno vivente, sull’esempio delle piante che respiriamo e che ci respirano.

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Marco Terranova. Architetto, artigiano e facilitatore, Marco progetta e costruisce con legno, colori e materiali naturali. Supporta processi di rigenerazione urbana e community building attraverso lo strumento del cantiere collettivo. Ha lavorato, coordinato workshop e costruito, in Italia e all’estero, a Parigi, Barcellona, Amsterdam e Stoccarda, in Albania e in Burkina Faso. Dal 2016 è uno dei direttori del festival internazionale di rigenerazione urbana Periferica. Nel 2017 entra a far parte di Lemur, un’associazione localizzata a Barcellona, con cui promuove metodologie di progettazione e trasformazione di spazi collettivi a partire dal corpo e dai bambini. L’alias Senzastudio suggerisce un’identità nomade e la capacità di adattarsi a diversi contesti ed opportunità.

www.senzastudio.com

 

 

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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #111 | Respiro | Marco Terranova

Time: 29 aprile 2020
Category: Article
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