Fabbricare Fiducia_Architettura #114 | No time for Architecture | Elena Fauri
Come immagini il mondo dell’architettura e la sua professione dopo l’attuale crisi virale?
La crisi scaturita dal Covid-19 rappresenta un’improvvisa battuta d’arresto dall’incessante progresso in atto.
I ritmi seguiti finora sono una conseguenza del crescente sviluppo di tecnologie ed infrastrutture, adottati in uno scenario quotidiano come accessori del cittadino comune. Infatti siamo abituati, per necessità o piacere, a spostarci da un luogo all’altro rendendo scontata ogni connessione. La ricerca ossessionata di scelte veloci e risposte immediate ha alimentato in noi un consumismo compulsivo: ci arricchiamo di oggetti superflui che perdono il loro valore non appena li utilizziamo. Siamo costantemente avvolti da stimoli che ci bombardano, ma non siamo più in grado di elaborare un’informazione completa perché, con immotivata urgenza, passiamo a quella successiva.
Tutti questi comportamenti non sono altro che il frutto di un generale egoismo da parte dell’essere umano, che aspira al Superuomo: colui che desidera demolire i propri limiti per diventare idealmente insuperabile.
Questa continua tensione nel connettersi con altre realtà ha, inevitabilmente, portato l’individuo a non riconoscersi più elemento di una società semplice e sedentaria, bensì di una cultura dinamica dove tutto è in potenziale mutamento e si contemplano nuovi mondi possibili.
Riprova di questo pensiero è la condizione attuale, poiché la possibilità di metamorfosi dell’uomo elude dalle circostanze esterne. Infatti, sebbene sia stata limitata la propria permanenza in monotone gabbie di cemento, egli è riuscito a rendere dinamico uno spazio formalmente statico grazie alla capacità di comunicare tramite dispositivi smart, elaborando idee innovative di socializzazione.
In seguito a queste osservazioni, la mia visione di architettura futura si avvicina al modello utopico di Constant Nieuwenhuys denominato New Babylon. Una struttura universale capace di ramificarsi secondo una maglia di settori, all’interno dei quali l’uomo può personalizzare la propria cella in maniera del tutto propria ed originale.
Una rappresentazione all’estremo della realtà progettuale, dove l’individuo diventa artefice del proprio destino e dove si sradica il mero concetto di appartenenza ad un luogo o ad una professione. Un futuro popolato da una società ludica, in cui si sviluppa la propria crescita interiore attraverso l’atto creativo, generando così una disgregazione del ruolo dell’architetto. Con quest’ottica velatamente cinica, avanza verso un contesto infinito, mutevole ed imprevedibile.
Pertanto, più che fiducia la mia si può definire speranza. Non credo che ognuno di noi possa rinunciare al proprio stile e ritmo di vita, ma spero accada. Auspico che un tale episodio, fautore di mille riflessioni, possa davvero condizionare positivamente le nostre prossime scelte, magari adottando un approccio meno invasivo quando operiamo nei vari contesti, senza dimenticare che in questo mondo siamo ospiti e non padroni.
Elena Fauri, architetto padovano classe 1993, si laurea in architettura presso l’Università degli Studi di Ferrara nel 2018, discutendo una tesi di progettazione sulla rigenerazione di un complesso edilizio in un nuovo polo musicale contenente un allestimento museale al suo interno (Castelfranco Veneto, TV). Libero professionista, opera nella sua città natale in collaborazione con ingegneri ed architetti, alternando il lavoro a corsi di formazione riguardanti nuove tecnologie di modellazione tridimensionale. Aderisce a diversi workshop di riqualificazione urbana, architettura partecipata ed autocostruzione in legno, tra i quali Camposaz (Imer, TN), Archistart (San Cataldo, LE) e Periferica (Mazara del Vallo, TP).
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Title: Fabbricare Fiducia_Architettura #114 | No time for Architecture | Elena Fauri
Time: 30 aprile 2020
Category: Article
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